Non solo un prolungamento della vita,
ma una vita vissuta con le minori limitazioni quotidiane.
Un viaggio coraggioso e risoluto verso la salute!
Potremo definire la medicina antiaging, talvolta, semplicemente come una buona gestione di un normale invecchiamento (antiaging management o prevenzione primaria): l’intervento medico non riguarderà ancora un ambito patologico, ma si tratterà di un modo per migliorare la nostra qualità di vita e raggiungere un maggior benessere psicofisico.
In altri casi, in cui siano già presenti alterazioni dei parametri fisiologici o psichici, si tratterà di agire invece su un processo in atto, di invecchiamento precoce o patologico (prevenzione secondaria).
Il “target” cui si rivolge la medicina antiaging, essendo prevalentemente azione preventiva, non è la popolazione anziana, ma principalmente una popolazione giovane, perché già dopo i 20 anni inizia una lenta fisiologica involuzione dei vari sistemi funzionali del nostro organismo, come quello metabolico o immunitario.
E’ addirittura dopo il primo anno di vita che le numerosissime connessioni neuronali cerebrali iniziano a ridursi, dapprima lentamente e poi via via più celermente, facendo sì che gli accadimenti in questa fase precoce della vita abbiano particolare rilevanza nel comportamento psicologico ma anche, ad esempio, nelle “attitudini” metaboliche, così come nell’espressione genica (epigenetica = non si cambia la sequenza nucleotidica dei geni ma se ne influenza l’attività).
Sarà dunque in una fase sufficientemente precoce della nostra vita che l’intervento “antiaging” potrà avere maggior efficacia. Successivamente, nella persona anziana, potrà essere positiva piuttosto la collaborazione tra medico esperto di medicina funzionale e fisiatra, per l’aspetto mio-osteo-articolare e riabilitativo, o del geriatra.
Numerosi sono i comportamenti, stili di vita e fattori di rischio statisticamente correlati ad un aumento della mortalità: i fattori più conosciuti dalla popolazione, ma non in assoluto i più rilevanti, sono l’ipertensione e il fumo di tabacco.
A questi tuttavia se ne aggiungono molti altri, come il sovrappeso e obesità, l’elevata glicemia ematica e colesterolo LDL, la sedentarietà, l’uso di alcool, l’eccessiva assunzione di grassi idrogenati, la scarsa assunzione di grassi polinsaturi, di pesce, di frutta e verdura.
(The preventable causes of death in the United States: comparative risk assessment of dietary, lifestyle, and metabolic risk factors. Danaei G1, Ding EL, Mozaffarian D, Taylor B, Rehm J, Murray CJ, Ezzati M. PLoS Med. 2009 Apr 28;6(4): e1000058. doi: 10.1371/journal.pmed.1000058. Epub 2009 Apr 28.)
Una riduzione degli ormoni sessuali femminili (estrogeni) e maschili (testosterone) coincidenti con la menopausa e l’andropausa (si verifica mediamente tra i 45 e i 55 anni), è responsabile di un declino delle condizioni fisiche , psichiche, e più in generale, di un invecchiamento e mortalità precoce. Tra i sintomi principali legati a questi fattori ormonali ricorrono la stanchezza cronica, depressione, riduzione delle ore di sonno, diminuzione della libido e propensione all’accumulo di tessuto adiposo.
Un miglioramento dello stile di vita è in grado di influenzare i livelli ormonali e ridurre la mortalità precoce. Ne è un caratteristico esempio la popolazione di Okinawa, isola del Giappone, i cui abitanti sono tra i più longevi e in salute del pianeta, e le cui abitudini di vita e alimentari vengono considerate ottimali: frutta, verdura, pesce, grassi di buona qualità, alimenti ricchi di vitamine, sali minerali e antiossidanti, esercizio fisico e indipendenza dai propri figli fino ad età avanzata, aspetti psicologici improntati all’ottimismo e forte spiritualità, buone istituzioni socio-sanitarie con un sistema incentrato sulla prevenzione e sul miglioramento della salute.
La medicina antiaging non deve essere quindi solo un prolungamento della vita (l’aspettativa di vita è già aumentata considerevolmente negli ultimi 50 anni), ma una vita vissuta senza più o meno gravi limitazioni delle attività quotidiane.
Al contrario, in questi ultimi decenni, assieme all’aumento dell’aspettativa di vita è aumentato anche il numero di anni da vivere con disabilità.
Per realizzare i nostri obiettivi si dovranno ricercare le alterazioni funzionali e i sintomi, inizialmente solo vaghi e aspecifici (vedi M.U.S.), ma spesso tutt’altro che irrilevanti, pur non ancora inquadrabili in una malattia o sindrome ben codificata e spesso sottovalutati dal medico (cefalea miotensiva, nausea, vertigini, disturbi digestivi e colon irritabile, ansia, attacchi di panico …)
Il persistere di sintomi “MUS” e delle alterazioni dei parametri fisiologici al test BIA (impedenziometria clinica multi-compartimentale)(Bibliografia generale, 134) e ad altri tests neurofisiologici (PPG), può portare entro 3-5 anni allo sviluppo di una vera e propria malattia, acuta o cronico-degenerativa.
L’attuale medicina, quella più spesso offerta nei nostri ospedali o ambulatori, è solitamente poco incline alla prevenzione, ed opera quando i sintomi sono già manifesti ed evidenti. Il nostro medico generale o specialista, ad esempio, può prescrivere a carico del SSN, accertamenti diagnostici solo quando la patologia ha raggiunto una determinata gravità o abbia già avuto delle conseguenze gravi: ad esempio una prescrizione di densitometria ossea può essere fatta solo se si è già verificata una frattura da fragilità o se esiste un evidente riscontro radiologico di osteoporosi … , ovvero a malattia già presente.
Al contrario la Medicina Funzionale prevede un’azione di contrasto prima che la malattia vera e propria si presenti. Questa medicina innovativa, che trae origine dalle più recenti scoperte scientifiche, “funzionale” in quanto si focalizza sulla funzione fisiologica e sugli scostamenti da range di normalità e non sul sintomo e la sola correzione di questo, predilige la naturalità delle cure, e le possibilità di autoregolazione neuro-immuno-endocrino-metabolico.
E’ tutt’altro che una medicina “alternativa” ma al contrario si basa sui risultati della ricerca più recente: lo studio di centinaia di migliaia di casi e su pubblicazioni mediche internazionali ad alto impact factor (non su studi datati 30 anni o più).
Esistono malattie molto diffuse nelle società occidentali, come ad esempio la sindrome metabolica (insulino-resistenza o iperinsulinemia, obesità, diabete tipo 2, ipertensione arteriosa), ma anche numerosi tumori, malattie neurologiche come la sclerosi multipla, il Parkinson, malattie autoimmuni ed altre ancora, strettamente legate a scorretti stili di vita, tutte convergenti verso una infiammazione sistemica cronica di basso grado (Bibliografia generale, 1-119). E’ questa uno stato di “pre-patologia” che funziona da grimaldello per tutte queste gravi patologie e può essere considerata come una delle più importanti recenti scoperte della ricerca scientifica.
In relazione all’infiammazione sistemica cronica di basso grado, si hanno alterazioni del sistema neurovegetativo, alterazioni ormonali, aumento del tessuto adiposo e, prodotte da questo, citochine infiammatorie (tra cui IL1, IL6, TNF-alfa) con danni da molecole ossidanti.
Il trattamento e la prevenzione non si basa su costosi o invasivi farmaci, ma prevalentemente su metodologie naturali di autoregolazione, in controtendenza rispetto ad un andamento generale aggressivo e “consumistico” della medicina (vedi ricerca sponsorizzata dall’industria farmaceutica).
I presupposti che sono alla base della medicina antiaging qui applicata sono:
1) Valutazione previsionale
È attuata attraverso l’analisi di più elementi: circa 60 parametri organici per una valutazione sia a livello cellulare-molecolare, sia funzionale-energetica che metabolica (BIA-ACC), aspetti neuro-funzionali e indici di generali di salute (PPG), importanti per la comprensione delle influenze di regolazione del sistema neuro-vegetativo e cerebrale.
2) Prevenzione personalizzata
Sulla base della personale situazione fisiologica o delle proprie disfunzioni è possibile quindi rallentare il processo di invecchiamento, sia quello fisiologico-normale che quello precoce o patologico, ma anche fare prevenzione di una vasta gamma di gravi malattie.
3) Compliance
Ovvero aderenza naturale e poco faticosa alle strategie di comportamento suggerite dal medico che deriva da un coinvolgimento attivo nel processo di prevenzione / cura e dalla comprensione dei meccanismi messi in atto. Ciò nasce da un’aperta comunicazione, un’alleanza medico – soggetto che desidera attuare concrete azioni di miglioramento delle proprie prestazioni psicofisiche nel tempo.
La medicina antiaging si concretizza attraverso i seguenti interventi:
– corrette sequenze alimentari individualizzate: alimentazione antinfiammatoria
– nutraceutica (integrazione alimentare di microelementi, sali minerali, vitamine, fitoelementi, proteine, aminoacidi, ecc., utili qualora l’alimentazione e/o lo stile di vita non risultino sufficienti a mantenere una corretta omeostasi)
– riabilitazione fisico-motoria (massa muscolare, capacità aerobica, postura, forza, velocità, resistenza, equilibrio …)
– controllo dello stress emotivo e degli stress cronici più in generale
– miglioramento complessivo dello stile di vita (lifestyle), attraverso un insieme di comportamenti quotidiani mirati al miglioramento della qualità di vita e alla prevenzione delle malattie croniche.
Eventuali sintomi dolorosi dovranno essere trattati con il minor grado possibile di invasività, tossicità ed effetti collaterali, attraverso un uso “discreto” ed essenziale dei farmaci tradizionali (antiinfiammatori, cortisonici, ecc.) sostituiti, quando possibile, da farmaci low dose, omeopatici o omotossicologici scelti sulla base di una comprovata efficacia ed evidenza scientifica (EBM) e la “Good Clinical Practice” (Bibliografia generale, 124-128).
Si utilizzeranno, nel rispetto di una medicina etica:
- tecniche di neuro-agopuntura (Bibliografia generale, 120-123) e micro-infiltrazioni locali low dose.
- tecniche di medicina manuale e osteopatia, manipolazioni vertebrali, rieducazione posturale e massaggio miofasciale.